Nannino Ragusa ci ha lasciato

( dal mensile dialogo del novembre 1998 )

La lunga e penosa malattia di questi ultini anni - che Lo ha addirittura costretto nei recenti mesi ad abbandonare la Sua amata Modica, per perire altrove - non ha accelerato la caduta nell'oblio. Benchè oramai lontano dal sociale, relegato in casa con lucidità discontinua e fisicamente impedito, i tanti amici non Lo hanno mai dimenticato. E così non poteva che essere in considerazione di quello che Egli aveva saputo seminare in vita. Da cittadino innamorato della Sua Città, promotore di svariate iniziative civiche. Da maestro impegnato e capace, rigido ed umano. Da politico appassionato e coerente, sempre critico e mai ambizioso. Da amministratore disponibile a tempo pieno e totalmente garante della legalità. Da studioso, cimentato in più campi e sempre pronto al confronto anche nelle tesi più ardite. La Sua scomparsa fa perdere molto alla collettività modicana ed è doveroso che le pubbliche istituzioni cittadine intraprendano le opportune iniziative per lasciare alla memoria storica locale il Suo nome: per esemplarità civica, per la coerenza e correttezza politica, per la ricchezza culturale. Nannino Ragusa da uomo libero quale era, ci è stato molto vicino: era un attivo collaboratore di DIALOGO, lo apprezzava parecchio e lo definiva "il nostro giornale"; ci ha collaborato con svariati articoli e diverse pubblicazioni editoriali tra cui l'ultima Sua esistenza "La Contea di Modica - un'importante eccezione storica" stampata nel luglio del 1996 a Sue spese e diffusa gratuitamente a "chi ama Modica" come ebbe a dire. La Redazione di DIALOGO esprime alle figlie Giada e Claudia le più profonde condoglianze per la perdita di un affetto che sapeva farsi amare come padre anche da chi - come noi - non gli eravamo figli.

La Redazione

 

 

Di seguito pubblichiamo l'intervento preparato da un gruppo di amici e letto in coda al rito funebre che si è svolto presso la chiesa di S.Maria di Betlem in Modica.

"Giovanni Ragusa (Nannino, per tutti) ha costituito una delle coscienze più alte della nostra Comunità cittadina: Egli rappresenta una di quelle vite che riassumono l'animo di un popolo. Egli è stato la 'memoria storica' di Modica. La tristezza, per noi che non l'abbiamo più fra noi, evidenzia ancor più la Sua perdita, la Sua assenza, la Sua voce incalzante, la Sua passione insopprimibile per Modica. Sempre appassionato alla ricerca della Verità e della Giustizia, Nannino Ragusa ha costruito un 'modello di impegno', pieno e totale: nel campo della prassi ed in quello dello studio, tesi entrambi al servizio dell'uomo e della città. Il Suo impegno, animato certamente da 'vis polemica', non era però inimicizia per alcuno, e tantomeno per gli avversari politici. Egli teneva ad affermare - e noi teniamo qui a ribadirlo - questa Sua disposizione, e lo dimostrava con esempi del Suo lungo percorso di presenza, pur battagliera, nella vita cittadina come consigliere e come assessore comunale.

 


 

Cominciò nei locali annessi alla chiesa di S.Maria di Betlem, intorno a cui orbitavano schiere di giovani, e, fra loro, Nannino Ragusa. Abbiamo ancora vivo - noi, a quel tempo, eravamo dei ragazzi - il suono della Sua voce, che, proveniente dall'ultimo ambiente della sagrestia, durante incontri del Parroco con i giovani ventenni, dibatte animatamente sulla Trinità, tentando di dar fondo con impeto giovanile a quel sovrano Mistero. Nannino Ragusa ci teneva poi a ricordare gli anni trascorsi nel basso Lazio durante l'ultima guerra: anni, in cui Egli si prodigò, con sacrificio, costanza, ed efficacia, come Commissario prefettizio, in favore di vari Comuni di quella Regione. Poi il suo ritorno a Modica. Così Egli si esprime nella sua ricerca sull'origine ed il significato del nome 'Modica': "Chi non-modicano poteva e può aver l'interesse di cercare e la gioia di trovare cosa vuol dire 'Modica'?...Sta a noi cercare ed io, modicano, andando a ritroso nel tempo e nei luoghi ove i Siculi passarono e stettero, ritengo d'aver trovato qualcosa di positivo, di credibile sul nome di Modica. Ci vuole amore e passione per trovare..." Nannino ha sempre vibrato di passione per la Sua Città. Al di là di tutti i motivi che Egli indica in funzione di quella vigorosa pubblicazione che è la 'Grammatica critico-comparata del dialetto della Sicilia sud-est o modicano' (da cui hanno attinto studiosi del dialetto siciliano...), il Suo quotidiano studio dialettologico è motivato da un alto apprezzamento per Modica, e dal suo profondo senso di appartenenza: "è 'u ma Paisi". La consapevolezza della grandezza di Modica, della plurisecolare irradiazione culturale nei confronti dell'ambito di questo territorio sud-orientale della Sicilia, induceva Nannino a ribadire - polemizzando, e senza mezzi termini se ne occorreva - il ruolo e le prerogative di Modica: sottolineature e polemiche sia con studiosi di dialetto, sia con studiosi di storia, sia con uomini politici, concittadini o di altri Comuni. Certamente: anche con uomini politici. Impegnato infatti operativamente, com'è stato, per decenni nell'attività amministrativa della Città in qualità di consigliere e di assessore comunale ha dato ininterrotti contributi concreti, promossi sempre con personale disinteresse, con ferma convinzione, e senza mai smorzare i toni. La fierezza di appartenere a questa antica e nobile Città riemergeva costantemente: ad ogni sosta dei suoi piccoli e rapidi passi con amici lungo il corso principale, ed in ogni incontro civico. Egli, al fondo avrebbe voluto giustizia: non ha avuto pace per essere stata Modica defraudata del riconoscimento di quel ruolo, che a vari titoli - pieni ed indiscutibili - le competeva per il suo retaggio storico. E cercava piste; e ricordava proposte avanzate nel passato, e non portate avanti o maldestramente assecondate; e proponeva revisione di province regionali. E premeva per ricche sorgenti d'acqua non valorizzate; e s'accendeva e dichiarava la propria indignazione per l'espansione inconsueta della città e per l'incuria per il centro storico, di cui Egli conosceva ogni gradino; e promuoveva un Comitato di salute pubblica e un altro Comitato per lo studio dell'opera di Modicani illustri. E dichiarava, sosteneva, dimostrava il dato ineludibile che il dialetto sud-orientale della Sicilia è da caratterizzarsi sostanzialmente come 'modicano'. E viveva dentro di sè le proprie idealità socialiste, con animo e stile severo e battagliero...

 


 

L'opera dialettologica, poi, di Nannino Ragusa, studioso intransigente, problematico, e documentato, resterà per sempre come un pilastro, robusto e mai più obliterabile, della cultura di questa città, oltre che della Sicilia: l'accuratezza nella ricostruzione grammaticale e sintetica della lingua della Contea di Modica, di questo territorio sud-orientale o 'modicano'; la ricerca scrupolosa e la motivata indicazione di una corretta grafia; l'indagine e le ipotesi critiche circa l'origine del nostro dialetto; la raccolta preziosa di toponimi urbani e del contado modicano, che egli voleva fossero noti ai nostri giovani, i quali, anche dalla perdita del riferimento ai vari quartieri storici - spesso addirittura non noti - vanno smarrendo quella forte e ricca identità culturale senza la quale non si costruisce un futuro, o lo si costruisce male; i nomi propri di persona, carichi di una dignità affettuosa e anche - se vogliamo - segnati da un amabile, familiare e mite idioma, che talvolta si vuole negligere con sufficiente distacco; l'indagine sui mestieri trascorsi ed attività varie, carichi di storia, di una vita articolata e di civiltà; L'interessante nomenclatura della flora e della fauna locale... E così perveniamo al cospicuo 'Vocabolario': ricchissimo di vocaboli, redatto scientificamente per la motivazione grammaticale (sempre sottesa). Accenniamo appena ai numerosi articoli giornalistici, sempre densi di intima tensione, sempre protesi ad opere di giustizia.

 

 


 

Noi dobbiamo raccogliere l'eredità del prof. Nannino Ragusa. Egli temeva intimamente che questa Città perdesse memoria del suo grande retaggio storico, e che i suoi Rappresentanti politici abdicessero del mantenerne vivo l'alto, antico tono. Siamo dunque sollecitati a non far tacere il suo pungolo, la sua voce incalzante: Egli invita a riscoprire Modica; invita ad operare sostenendo con decisione e con compattezza tutte quelle scelte amministrative che cercano la riqualificazione della Città, la salvaguardia ed il potenziamento delle nostre istituzioni, tutte quelle scelte che non cercano il facile plauso di miopi egoismi; invita i giovani a studiare (ed Egli ci lascia le sue ipotesi di ricerca storica) e ad operare per la vitalità di Modica: questi giovani, nati e cresciuti in strade senza nome, in quartieri senza nome: questi giovani - e parafrasiamo i Taviani - dovranno tenere viva la consapevolezza di essere figli dei figli di coloro che, con robusta laboriosità e con senso della bellezza, essenziale ma vera, dipinsero le chiese rupestri di Cava d'Ispica o di S.Nicolò inferiore; resero fertili con saggi avvicendamenti le fiumare; scolpirono statue e cornicioni e mensole con fantasia, perizia e precisione; intagliarono mobili con vigorosa maestria; curarono i campi con intelligenza, con saggezza, con fatica certamente ma anche con amore e dignità; inventarono cibi e dolci e pane, che dovevano essere, non solo buoni e vari e sani, ma anche eleganti; furono maestri nella scienza medica ed in quella botanica; mantennero vivi i rapporti con i movimenti culturali delle varie epoche; ebbero il robusto impegno di qualificarsi sullo studio del diritto e ne comunicarono il senso del rispetto ai cittadini; finanziarono ospedali; istituirono scuole, che vollero alte e qualificate; promossero istituzioni educative, secondo la pronta avvertenza dei tempi; immaginarono scalee, come "maree che s'avventavano ai portoni" delle sue basiliche; elaborarono la spiritualità gotica, barocca ed illuminista secondo un'alta sintesi corale assolutamente autonoma: fecero di Modica un punto di riferimento per la Sua civiltà. E' questo - riteniamo - ciò che, anche dalla Sua bara, Nannino Ragusa, sempre fremendo, ci vuole consegnare. Noi Gli esprimiamo l'affettuosa gratitudine per la sua dedizione incondizionata; noi lo esaltiamo per il suo senso della Città".

 


 

UN RICORDO ANCORA VIVO ( dal mensile dialogo di ottobre 1999 )

… Verso il terzo scaffale i libri diminuirono e iniziò il regno delle carte. La sua proverbiale pignoleria gli aveva fatto conservare di tutto e tutto in una gran confusione. Mi prese una forte emozione perché capivo che attraverso i suoi scritti, i suoi appunti, documenti e le fotografie, le ricevute, le fotocopie delle fotocopie stavo per ricostruire le tappe più importanti della sua vita e della mia famiglia. Sotto alcune carte ingiallite dal tempo, vidi dei fogli di carta uso bollo grigi e macchiati di giallo, ripiegati in due con la sua scrittura ordinata, spigolosa, con le t che sembravano le lame di una forbice aperta e che negli ultimi mesi della sua vita era diventata tanto minuscola da essere illeggibile. "La filosofia della musica", quell'araba fenice che lui diceva sempre di aver scritto, ma che noi non avevamo mai visto. Quei fogli che gli erano valsa l'entrata all'Istituto Magistrale, quei fogli erano stati scritti negli anni più bui, turbolenti ma anche formativi della sua vita quando rimase lontano dalla sua scuola per una grande ingiustizia subita. Frequentava l'Istituto Tecnico Commerciale ma fu bocciato per favorire suo fratello che era già ripetente. Decise di non voler andare più a scuola, e il padre se lo tenne nel suo negozio per iniziarlo ai segreti del commercio e della confezione su misura per uomo. Ma non era il mestiere adatto per lui; suo padre lo capì presto, questo suo figlio intelligente, ribelle, idealista, questo figlio che a due anni seduto sul gradino del negozio tagliava da un cartoncino cavallucci senza disegnati e perfetti con le forbici da sarto sotto lo sguardo dei passanti che meravigliati dicevano a sua madre: " donna Rosalia, questo figlio non vi camperà", non poteva rimanere a lungo tra ritagli di stoffa e cappelli. Allora lo mandò a scuola di pittura e lì imparò a disegnare e a tirar fuori le sue fantasie e creatività, che gli valsero negli anni dell'insegnamento lo stupore e la meraviglia dei suoi alunni, e la precisione delle linee che tracciava nel disegno delle carte topografiche di Modica e nella sua Sicilia araba.
Anni difficili, ma formativi, dicevo, perché furono gli anni in cui si avvicinò alla politica, alla cultura, alla teologia. Iniziò a leggere per conto suo, facendosi prestare i libri da chi poteva, dal parroco, dalla biblioteca dell'Istituto Commerciale, da amici più grandi di lui.
Iniziò a frequentare ambienti di sinistra, professionisti, avvocati che lo iniziarono agli studi filosofici e all'ideologia del sociale. Quando scrisse "La filosofia della musica" (dissertazione pubblicata nel '31) aveva sedici anni e uno di loro, il maestro tra i suoi maestri, l'avv. Carmelo Nifosì, fece leggere lo scritto al prof. Caprera dicendogli: "Questo ragazzo ha solo bisogno del pezzo di carta". E ritornò sui banchi, più grande degli altri, più colto tra tutti i suoi compagni, più impertinente degli altri nel mettere a disagio quei professori che non stimava, più curioso ed amante dello studio degli altri nelle materie che più lo interessavano. Più di tutte le filosofie cui era stato iniziato proprio dall'avv. Nifosì e che non trascurò mai nella sua vita, coinvolgendo noi figlie ormai adolescenti, quando nelle serate d'estate ci sedevamo sulla veranda a prendere il fresco. All'improvviso ci chiedeva: "Cos'è per te il Bello?" "Cosa ne pensi tu della Libertà?".
Padre, allora non capivo, ma quanto mi è stato utile nella vita questo disquisire, ragionare, imparare e riflettere sui grandi temi! La maieutica. Forse l'avv. Nifosì l'aveva fatto con lui passeggiando per il Corso, forse lui adulto e l'altro vecchio lo facevano ancora seduti al Caffè Bonajuto. Forse, quando io bambina li ascoltavo e non capivo, parlavano ancora di sofismi ...

 

... Conosceva il suo paese palmo a palmo, strada per strada, come nessun modicano l'ha mai conosciuto, per questo lo amava tanto. E lo percorreva tutto a piedi con quei passettini frettolosi, brevi e negli ultimi anni quasi in punta di piedi. Prese la patente di guida da adulto, ma non volle mai guidare, non poteva certo inerpicarsi con le macchine su per le scale dei quartieri o entrare nei curtigghi dove andava a controllare che si rispettassero i progetti approvati e che lui personalmente studiava quando negli anni '60 era Assessore Comunale ai lavori pubblici. Raffaele Poidomani gli dedicò una poesia, caricaturando il suo "vizietto" di portare il metro in tasca. La politica fu il suo pane quotidiano, l'impegno più grande della sua vita, ma non fu mai politicante.
Modica gli era entrata nel sangue e per lei lavorava e si batteva, affrontava processi e viaggi estenuanti in treno a Palermo o a Roma, litigava in Consiglio Comunale, creava Associazioni di Salute Pubblica o Gruppi archeologici, Amici della Musica, Museo Etnografico e tante altre ancora. Man mano che procedevo tra le sue carte venivano fuori tessere di ogni genere, colorate o anonime, datate da tempo o recenti.
Non sapevo che mio padre avesse la tessera degli Amici della Musica negli anni sessanta. La musica lui? Non l'ho mai visto ascoltare musica: era un piacere che presupponeva tempo e lui tempo non ne aveva mai.
Gli piaceva solo l'intermezzo dell' "Amico Fritz". La musica di Mascagni lo affascinava e mi diceva spesso:"quando muoio la devi far suonare al mio funerale" e così è stato.
Ma per il suo paese la musica era una cosa importante e si tesserava ogni anno, così come si autotassava per la piscina del Mauto, lui che non aveva mai fatto un bagno al mare. Raccolgo tutti gli Statuti che trovo sparsi in questo o quel cassetto e li riunisco in un'unica carpetta, così come le tessere con la firma di Togliatti o con nomi illeggibili …

 

… Quante buste piene e vuote, ingiallite dal tempo con francobolli di ogni stato; leggo ogni lettera per capire se è importante o da stracciare; leggo per capire sempre di più della sua vita.
Censura: è scritto a caratteri cubitali e stampigliato sulla busta marroncina. Lettere di amici o parenti che erano passate per gli uffici della censura fascista. Delle lettere che lui scriveva ai suoi genitori, nel periodo in cui fu costretto ad allontanarsi da Modica, non c'è traccia.
Dopo un comizio tenuto sulla balconata del Municipio quando aveva diciassette anni fu tenuto sotto controllo e lo rimase fino a quando suo padre un giorno gli mise in mano una cartamoneta rosa di non so che valore e gli disse di andar via. Qualcuno gli aveva fatto sapere che suo figlio stava per essere arrestato. Fuggì, ma ritornò, per riandare di nuovo via negli anni della guerra, quando iniziò ad insegnare in un paesino arroccato della Ciociaria, Pignataro. Anni difficili anche quelli, la fame come per tutti, la lotta clandestina con pochi, i bombardamenti che mettevano paura a sua sorella Dorina, anche lei maestra in un paese vicino e che facevano cantare Maria che era con loro per compagnia, infine il fronte nella vicina Cassino e le derrate alimentare che venivano requisite dai tedeschi. Anni di lotta, prima contro i fascisti e poi contro i tedeschi e infine arrivano gli alleati.
Di tutto questo periodo trovo solo due documenti e molte ricevute; la nomina a Commissario Prefettizio a San Donato Val di Comino e una lettera del Provveditorato agli Studi che gli consente l'esonero dall'insegnamento. Siamo nel '45 e tutto il Paese è nel caos, ma la sua pignoleria riaffiora e i verbali, le ricevute, i conti provano quanto sia stato difficile per lui, forestiero, dare ordini a gente del luogo che imboscava olio, latte e farina; aver fiuto nel capire chi era stato fino a qualche giorno prima dalla parte dei fascisti e improvvisamente dalla parte degli alleati in cerca di qualche buon affare, di qualche speculazione a danno della povera gente; nemici che attendevano una mossa sbagliata per denunciarlo, invidiosi che erano stati messi da parte al momento della nomina …

 

… In una busta bianca punteggiata di giallo e un pò ammuffita, un foglio piegato in quattro: è l'elenco della cellula antifascista nata a Modica negli anni '30. Scorro i nomi, alcuni li conosco, amici di papà per lungo tempo, altri mi sono sconosciuti, vi sono modicani e professionisti della vicina Scicli. Nome, cognome, professione, sono tutti lì i suoi eroi, coloro che insieme a lui seguivano il feretro di uno sconosciuto per evitare di essere visti insieme a tramare. Erano tutti sorvegliati e le riunioni erano pericolose. Rischiavano tutti la purga, come quell'uomo allampanato stretto nelle spalle, alto e magro, infagottato da un cappottaccio nero col bavero rialzato che passeggiava avanti e indietro sotto il Palazzo Grimaldi, dove aveva sistemato i libri usati che sperava di vendere. Aveva fame, erano tempi in cui nessuno pensava alla cultura e i pochi soldi servivano per mangiare, ma puntualmente veniva purgato, non si sa per che cosa: forse aveva manifestato qualche idea anarchica o forse non c'era nessun altro da purgare.
Sulla parete del suo studio campeggiò per un ventennio una fotografia di Giacomo Matteotti con la scritta "Uccidete me, ma l'idea che è in me non l'ucciderete mai". Ogni volta che vi passavo davanti la leggevo e maturava in me quel concetto di libertà di pensiero, di dignità personale che va oltre la morte, che ha formato una parte del mio carattere. La signora Antonietta, che osava ogni tanto spolverarlo, non riusciva a capacitarsi che quel bel giovane non fosse un nostro parente, altrimenti che ci stava a fare nel posto più in vista della casa? E ripetutamente chiedeva alla mamma il grado di parentela che ci accomunava. Anche l'On. Pietro Nenni fece parte della mia famiglia per tanto tempo. Mio padre lo chiamava papà Nenni e quindi per noi fu un nonno quasi un nume tutelare della casa ...

 

… Adesso gli scaffali sono tutti vuoti, tutti i libri sono stati catalogati e le sue carte ordinate. Sento che sono tutti andati via con lui, l'avv. Nifosì, Tano Vasta, la mamma, le sue sorelle e i fratelli, la Modica che lui amava…una parte di me, ma non ciò che ha lasciato nel cuore di chi lo ha stimato ed amato, di chi lo ha tollerato ed odiato: la lealtà, l'onestà intellettuale, la libertà di pensiero i miei ricordi più belli ...

Giada Ragusa