In
viaggio con Moltalbano
Alla scoperta di Ragusa e della sua provincia, dove sono
stati ambientati i gialli di Camilleri e la serie tv
FIRENZE,
12 LUGLIO - Dove vado in vacanza? A Vigàta. Sì, il paese
del commissario Montalbano. Avete visto che mare c'è a Marinella,
dove vive lui? Lo avete visto tutte le mattine che si fa
una nuotata in quell'acqua di cristallo? Una meraviglia.
E il resto? Natura selvaggia, Sicilia di quella che nessuno
ha ancora scoperto, vera, dura, ruvida.
E
poi c'è l'arte. Avete fatto caso a quegli spicchi di barocco
che si sono infilati in certe scene televisive, o che si
intravedono leggendo i libri di Camilleri? Roba sopraffina,
misconosciuta eppure coperta di storia e di storie. Sì,
quest'anno vado a Vigàta. E poi, oltretutto, è un posto
dove uno si sente tranquillo, sicuro. Anche se Montalbano
fosse in ferie, c'è sempre Mimì Augello, Fazio e tutto il
resto della squadra.
Come
dite? Vigàta non esiste, è un paese che si è inventato Andrea
Camilleri? Eh, no, cari lettori. Qui sbagliate. Il nome
se lo è inventato, ma il resto è vero e se anche non fosse
proprio vero al cento per cento, ci ha pensato la finzione
televisiva con la miniserie interpretata da Luca Zingaretti
a far diventare tutto deliziosamente reale.
Provate
a prendere una carta della Sicilia, scendete con il dito
giù sotto Taormina, sotto Siracusa, ora spostatevi leggermente
a sinistra: Montelusa, no, scusate, Ragusa. Ecco, ci siamo.
Se
la carta è ben dettagliata troverete, accanto a Marina di
Ragusa, Punta Secca. Cominciamo da lì perché Punta Secca
è Marinella: è lì che vive Salvo Montalbano, in quella bella
casa con terrazza che dà direttamente sulla spiaggia e sul
mare. Beh, naturalmente non si può essere troppo pignoli.
La grande terrazza è lì, la camera da letto è invece un
chilometro più avanti, a Marina di Ragusa, in una villa
sul lungomare che nel giardinetto antistante ha una piccola
prua di gesso. Ma questo nei gialli di Camilleri non lo
troverete, sono segreti tra lui e il regista della miniserie
televisiva, Alberto Sironi.
Del
resto anche Vigàta non è così chiaramente identificabile.
C'è il mare, potrebbe essere dunque Donnalucata (proprio
su questo lungomare Montalbano dà appuntamento alla bella
Ingrid ne "La forma dell'acqua": la "fìmmina svidisa", ricordate,
arrivò con una luccicante Ferrari), ma in realtà il commissariato
su cui vigila di pirsona pirsonalmente Catarella e che abbiamo
visto in tv, è a Scicli, si tratta del vecchio municipio.
E molti degli omicidi di Vigàta sono avvenuti, nei film,
a Ragusa.
Ricordate,
ad esempio, nel "Ladro di Merendine", l'ammazzatina di Lapecora,
l'uomo assassinato in ascensore dalla moglie Antonietta?
L'edificio sta proprio al termine di uno dei tre famosi
ponti di Ragusa (città divisa in due non da un fiume ma
da un baratro invaso da una foresta di verde). Montalbano
arriva sul luogo del delitto con l'auto della polizia percorrendo
a forte velocità il Ponte dei Cappuccini che nella realtà
è chiuso al traffico.
In
alcuni casi Camilleri si diverte a usare i nomi veri dei
posti. Per esempio "la Mànnara", il luogo dove viene ritrovato
morto l'ingegnere Luparello, pur non essendo mal frequentato
come nello sceneggiato, è un posto chiamato così a Sampieri,
sempre nella zona tra Ragusa e il mare. Si tratta di un
vecchio stabilimento dove si cuocevano mattoni, poi incendiato
e adesso rudere.
Naturalmente
il "gioco del commissario", per chi ha letto i romanzi o
ha visto le quattro puntate di Raidue, può andare avanti
a lungo. Gli abitanti dei paesi coinvolti saranno felici
di raccontarvi i dettagli delle riprese e di mostrarvi i
posti più significativi dei diversi gialli.
O
di svelare qualche aneddoto, come quando il regista è impazzito
per trovare in loco una comparsa che facesse il morto, ruolo
che nessuno, per scaramanzia, voleva recitare. Certamente
più ritrosa l'antica, raffinata aristocrazia della zona
che ha affittato ville, palazzi, salotti e masserie per
le riprese, tutti comunque orgogliosi che la loro bella
provincia sia diventata, in qualche modo, finalmente famosa.
Naturalmente
"in viaggio con Montalbano" dovete anche lavorare di fantasia.
Per esempio: dove sarà quella Valmontana a quattro ore di
macchina da Vigàta dove era ricoverato il padre di Salvo?
Magari potrebbe essere dalle parti di Montalbano. Sì, perchè
in Sicilia c'è anche un paese che si chiama così, ma è a
Nord, nel messinese, alle pendici dei monti Nèbrodi. Ad
ogni modo l'ospedale che abbiamo visto alla televisione,
dove Montalbano troverà il padre già morto, è l'ospizio
- quello vero - di Ragusa.
Anche
nell'ultima avventura di Montalbano, "La gita a Tindari",
in realtà non ci spostiamo affatto a Tindari, tra Patti
e Milazzo, né per visitare il santuario della celebre Madonna
nera né per vedere il "piccolo e misterioso teatro greco"
a cui accenna Camilleri. La vacanza con il commissario (ma
anche senza) continua tra Marina di Ragusa e Capo Passero:
spiagge morbide, acqua azzurra, un vento fresco ma garbato
che rende piacevoli la permanenza in spiaggia ma anche le
irrinunciabili gite all'interno.
Imperdibile
Ragusa, la Superiore ricostruita a scacchiera dopo il terremoto
del 1693 con le lunghe vie che si aprono all'improvviso
su potenti scenari tardo-barocchi. E poi Ragusa Inferiore
o meglio Ibla, la parte più antica della città, dove i gioielli
settecenteschi si sovrappongono all'impianto medievale fatto
di stretti vicoli che paiono una continuazione ideale della
affascinante e tortuosa scalinata che unisce i due nuclei
e che tra rampe e contrafforti conduce a episodi urbanistici
e architettonici inimmaginabili.
Poco
distante c'è Noto, bellissima anche se così gravemente ferita
dal crollo della cupola del Duomo. E ancora Mòdica, Scicli,
Ispica, la stessa Còmiso che non ha da mostrare certamente
solo la base missilistica dismessa. E Pachino da dove si
raggiunge Marzamemi, borgo di pescatori disposto attorno
ad una grande tonnara e alla casa secentesca dei principi
di Villadorata. Insomma, Camilleri da siciliano e da scrittore
ha capito le straordinarie potenzialità estetiche, naturali
e gastronomiche della provincia di Ragusa. Adesso tocca
agli altri italiani.
di
Rossella Martina
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