PASQUA IN SICILIA: SCENARI DI RINASCITA
Annamaria Amitrano Savarese
I
rituali della Pasqua in Sicilia - lungo lo spazio temporale
che va dalla Domenica delle Palme fino al Venerdì
Santo ed alla Domenica di Resurrezione - si
presentano come una sequenza narrativa della Commemorazione
religiosa cristiana, ma anche richiamo ad una ritualità
simbolica precristiana dove la parola pasqua è sintesi
di rinnovamento, di transito da una fase di morte della
natura (linverno) ad una fase di vita e di risveglio
(la primavera) secondo un passaggio che già in ottica
paganeggiante, si esplicitava con la morte e la rinascita
del Dio.
Un sincretismo, questo, esemplarmente
rappresentato dai cosiddetti Giardini di Adone,
presenti nei Sepolcri, dove, a partire dal Giovedì
Santo, accanto ai simboli che rimandano allUltima
Cena, fanno, appunto, bella mostra di sé delle piantine
esili e piuttosto fragili di un colore verde sbiadito che,
per essere semi di grano o di cereali lasciati germinare
al buio, sono espliciti referenti di quella energia vitale
del ciclo vegetativo la cui revivescenza si celebra proprio
nel tempo di Pasqua. Adone, non a caso, è il mitico
Dio bello e possente che feconda con il suo seme la Dea
Terra.
E in questottica in cui
il rituale giudiaico e tradizioni locali legate alla celebrazione
del risveglio della Natura combaciano, non esiste paese,
borgo, città o quartiere che non senta la necessità
di estrinsecare il proprio sentimento religioso di partecipazione
in un tempo che è sacro perché ciclico, cioè
attivo ben oltre il limite della sua linearità a
misura duomo; rituale, perché fondativo
della vita, dopo la morte.
Siamo, in altri termini, in
presenza di quelle Settimane Sante dove tutto
accade secondo un copione che è canone inverso; e
in una commistio di dati folklorici ed elementi liturgici
ufficiali, il Bene trionfa sul Male;
l Angelo sconfigge il Diavolo;
e la Morte è sconfitta dalla Vita.
E siccome il tessuto religioso
popolare è per definizione vissuto cioè
a dire lontano dalle rigidità delle forme canoniche
della Chiesa ufficiale il ciclo commemorativo della Passione,
Morte e Resurrezione di Gesù è reso visibile
attraverso precise forme di teatralizzazione e drammatizzazione
da cui emerge dominante il contenuto umano e terrestre dellEvento:
sicché la Sicilia diviene allora un grande palcoscenico
commovente e partecipato di scenografie del dolore e della
gioia.
Si comincia già con
la Domenica delle Palme. A Gangi, ad esempio, ridente paese
madonita, questo momento viene ricordato con una grande
processione di confraternite, con gli stendardi e le tradizionali
casacche con le effigi dei Santi Protettori, ad accompagnare
un Gesù giovinetto che, a dorso di mulo, giunge in
Piazza sul sagrato della Matrice a ripetere ritualmente
lingresso di Gesù a Gerusalemme. Grandi pale
di palma e lulivo intrecciato, sono segni di un clima
festoso: tradizione vuole che per la Domenica delle
Palme si sfoggi un abito nuovo. Ma lattimo è
fuggevole: dopo non sarà più permesso divertirsi,
il trapassu obbligherà al digiuno, nel tempo
di Passione, di almeno tre giorni.
Il
mercoledì successivo, a Caltanissetta, si svolge
poi limportante rituaLe della «Real Maestranza»
che consacra, luomo ed il suo lavoro. Nella strada
resa palcoscenico , i maestri darte svestono
gli abiti del quotidiano per indossare quelli di cerimonia
(vestito nero, camicia bianca, papillon nero) e, categoria
per categoria, (pittori, muratori, marmisti, falegnami,
carpentieri, ferraioli, calzolai, fabbri, panificatori,
idraulici, barbieri) sfilano dietro il loro Capitano, cioè
lartigiano che, per un giorno, li rappresenta tutti,
e contende al Sindaco il potere di Comando della Comunità.
Dietro di lui è il reggimento dei suoi rappresentanti
in un ordine quasi militaresco, a ricordo anche della funzione
di ordine pubblico una volta demandato allimportante
gerarchia. Nel pomeriggio la palese laicità del cerimoniale
si stempera nel sentimento religioso della Processione delle
cosiddette varicedde, piccoLi gruppi
di gesso e cartapesta che sfilano allimbrunire sul
percorso delle Vare, cioè sul
tragitto che il giorno dopo seguiranno i sedici imponenti
gruppi statuari della processione maggiore. Tali gruppi,
ognuno affidato ad una maestranza, sono dovuti a due valenti
scultori napoletani, Francesco e Vincenzo Biancardi, padre
e figlio che su commissione dei minatori della «Gessolungo»
- la antica Caltanissetta basava la sua economia
sulla estrazione dello zolfo -, cominciarono ad attendere
a tale opera fin dal 1780. Essi ripropongono i più
importanti momenti della Via Crucis.
Altrettanto
famosa, se non di più e parimenti incentrata sul
corteo dei gruppi scultorei affidati anchessi a dei
ceti, è la Processione dei Misteri di Trapani che
si svolge il Venerdì Santo: sono 20 vare,
pesanti ognuna quasi una tonnellata, che i portatori accompagnano
lungo un percorso, reso sacro dalla tradizione, fin dalluscita
della Chiesa del Purgatorio, con un andamento dondolante
lannacata, fatto di fatica e di sudore, accompagnato
dalla struggente musica delle Bande.
A Trapani, nella commossa dazione
dei fedeli della propria fatica estrema, si comprende il
grande significato ancestrale del do ut des che governa
la religiosità popolare: il dare tutto se stessi,
finanche la propria fisicità, come offerta ex voto,
in cambio di protezione ed allontanamento dal Male.
Le processioni con i gruppi
scultorei non sono però che una piccola parte dei
tanti, tantissimi rituali che il Giovedì ed il Venerdì
Santo evocano le cerimonie relative alla Passione e Morte
di Gesù. Entrano cioè in scena anche le sacre
rappresentazioni che presentano, con una serie di
parti recitate, una sorta di rievocazione storica
del Sacro Evento. A partire dal rito dellultima cena
(con listituzione dellEucarestia), poi, la lavanda
dei piedi, il trasferimento simbolico al Getsemani, il tradimento
di Giuda con la conseguente cattura, il trasferimento al
Sinedrio; quindi il processo, il calvario, lagonia
e Morte di Gesù, fino alla deposizione e Sepoltura.
Le scinnenze il tutto mimato da personaggi viventi.
Esemplare in tal senso la sacra rappresentazione di Partanna
Mondello (PA) che si organizza con lapporto di numerosi
attori e figuranti. Talvolta però la dimensione del
dolore appare meno costruita, allora esplodono i tanti,
tantissimi cortei processionali, con le Vare e i simulacri
del Cristo
Morto e dellAddolorata a ripetere
la vana quanto disperata angoscia della Madre privata del
proprio Figlio. Anche a Palermo, nel centro storico si svolgono
importanti e suggestive processioni. Si ricordino per tutte
quella di S. Maria di Soledad in Rua Formaggi, organizzata
dallomonima confraternita , eco antica della città
spagnola, e quella di S. Maria dellItria dei Cocchieri
risalente al 1594 che muove da Via Alloro, cioè da
quella strada della Palermo nobile alle cui dipendenze erano
appunto i cocchieri.
E, poi, sono i mortori
e le lamentazioni cioè tutta una serie
di forme etnomusicali ed etnopoetiche che confortano lazione
processionale e vocalmente richiamano il tempo della Passione
e Morte, accentuandone il pathos narrativo. Sono
cantori gli uomini de lu Lamentu, singolare espressione
polivocale con un cantante solista, la Voce, in seconda,
e il coro formato da altre cinque e sei voci diverse; ma
cantano anche le donne cantastorie, come diceva Pitrè
nella loro lamentazione trova difatti senso il grande dolore
della Madre che si incupisce in un lamento funebre quasi
ossessivo. In una celebre lamentazione nota come Li parti
della Madonna è la stupenda commovente immagine
di una Madre che chiede al Figlio come è potuto accadere
che Giudei e diavoli battitori abbiano potuto flagellarlo
dalla testa ai piedi: sicché laccorata, lamentevole
enumerazione delle parti martoriate è sottolineata
da un triste refrain che si fa percepire come un
dolce ritmo di ninna nanna.
E bene dire però
a questo punto che è proprio nelle processioni che
la liturgia popolare raggiunge il suo culmine, recuperando,
anche preziosi tratti raffigurativi della pregressa condizione
rituale, collegata ad una cerimonialità agraria.
Si
pensi, esemplarmente, al Cristo delle Fasce
di Pietraperzia (Enna), organizzata dallantica Confraternita
di Maria santissima del Soccorso e degli Agonizzanti che
consiste nel portare in processione un Cristo posizionato
sulla sommità di un lungo palo (portato a spalla
da 100 persone e mantenuto in equilibrio da circa 300 fasce
bianche), dove lasta rappresenta allunisono
lalbero e il legno della croce; entrambi simboli attraverso
cui si rigenera il cosmo vivente.
Il Sabato santo è giorno
di riflessione anche se a mezzanotte, inserita nel rito
eucaristico, avviene la Calata della Tela che sancisce la
Resurrezione. E se il Cristo risorto viene annunciato da
un grande scampanio, ai bambini, quasi a richiamo di quella
energia vitale che la pasqua sublima, tradizione vuole che
ci si rivolga con un augurale: crisci ranni (cresci
grande).
Infine è la Domenica
di Pasqua: un pò dovunque, alle 12, nelle piazze
dei Comuni dellIsola, si rappresenta lincontro
di Maria, libera dalle insegne del lutto, con Gesù
risorto. Questa manifestazione detta la Paci (ma
anche la Junta; oppure nNcontru a seconda
delle zone) è di grande suggestione; e tra le tante,
è bene ricordare se non altro per la sua originalità
- la processione dei Sampauluna, a San Cataldo, giganti
di cartapesta raffiguranti gli undici apostoli (Giuda è
escluso) che, portati a spalla dai devoti, accompagnano
attraverso un complesso itinerario la Madonna allincontro
con il Figlio risorto.
In pratica i riti della Domenica
di Resurrezione possono leggersi quali atti conclusivi del
grande tema della Rinascita tout court. La vittoria
della Vita sulla Morte è ad esempio assai visibile
nel rituale dellAbballu di li diavuli, di Prizzi
dove la morte è personificata al pari di angeli e
diavoli e dove si propone un vero e proprio conflitto tra
le forze del Bene e del Male con la definitiva sconfitta
di questultima e latteso ricongiungimento della
Madre con il Figlio ad attestare un tempo ed un ordine ritrovato.
Ancora, ad esplicitare il messaggio della rinascita della
natura, particolarmente indicativi sono gli Archi di Pasqua
di San Biagio Platani (AG) dove si propone ormai da 3 secoli
la grande sfida tra Madunnara e Signurara
per chi realizzerà laddobbo più bello:
sono, questi, triangoli di ferle intrecciati con canne,
rivestiti con bordure di arance amare e addobbati con pane,
nimpe di datteri, bianche marmurate. Sono in altri termini,
esemplare esposizione di alimenti a sancire il trionfo di
una terra che è ritornata a produrre.
Il dì di Pasqua cioè,
si presenta con specifici Segnali di abbondanza. E la fertilità
della terra così palesemente ostentata, rimanda anche
alla esplicita gioiosa fertilità della donna chiamata
al suo ancestrale e pure eternamente presente ruolo di madre.
Tale è il messaggio,
assai chiaro, da leggersi nella cosiddetta festa degli
schetti (degli scapoli) di Terrasini, dove
i giovani maschi nel giorno di Pasqua, devono sollevare
un albero infiocchettato ed addobbato fino al balcone della
donna amata perché lei possa staccarne un ramo e
quindi convenire in questo caso al matrimonio.
In conclusione, dopo tanta
varietà e molteplicità di cerimonie, si può
dire che vivere la Settimana di Pasqua in Sicilia significa
prima di ogni altra cosa vivere la tradizione e scoprirne
i contenuti antropologici partecipando, nel contempo, di
quel modo commosso e condiviso di rendere la religiosità
che da sempre è caratteristica ed orgoglio della
nostra gente.
Annamaria Amitrano Savarese
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