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Catania e Sant'Agata )
Il Programma della festa del 2009
Tre
giorni di culto, di devozione, di folclore, di tradizioni
che non hanno riscontro nel mondo.
Soltanto
la Settimana Santa di Siviglia in Spagna e la festa del
Corpus Domini a Guzco in Perù possono paragonarsi,
quanto a popolarità, ai festeggiamenti agatini, da
cinque secoli sempre uguali. Per tre giorni la gente sciama
nelle vie e nelle piazze. Devoti o curiosi si contano a
centinaia e centinaia di migliaia, anche sino a un milione.
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Tre giorni incredibili )
Sono
tre giorni di solennità, ma due in particolare, quando Sant'Agata
il 4 e il 5 febbraio nel suo argenteo fercolo "a vara" va
tra la sua gente, attraversa i quartieri popolari e quelli
alti.
La
prima giornata, il 5, si sviluppa in tre momenti: la lunga
e solenne processione del mezzogiorno per l'Offerta della
cera, a cui partecipano le più alte autorità cittadine civili,
religiose e militari cun i gonfaloni del Comune, della Provincia
e dell'Università. Dalla Chiesa di Sant'Agata alla Fornace
alla Basilica Cattedrale la processione "taglia" due ali
di folla incredibile. Chiudono le undici candelore, espressioni
delle corporazioni dei mestieri cittadine, e le due carrozze
del Senato catanese, una berlina settecentesca, seguita
da una più , piccola, ospita gli amministratori comunali,
il "Senato" di una volta, formato dal patrizio (il sindaco)
e dai giurati (assessori). Nel pomeriggio alle 15 il trofeo
podistico internazionale Sant'Agata con i campioni del cross
mondiale tra strade antiche e moderne del centro. Infine
la sera, dopo le 20 il grandioso spettacolo di fuochi artificiali
in piazza Duomo.
La
notte che segue è insonne per migliaia di catanesi che di
buon mattino affollano la Basilica Cattedrale per il primo
incontro con la Santa. L'atmosfera è fortemente emotiva.
Sant'Agata viene portata dai devoti infagottati nel "sacco",
che probabilmente rimanda alla tunica bianca dell'antico
rito in onore di Iside, del cui culto Catania fu sede importante
secoli prima dell'avvento dell'era cristiana. Prima sull'altare
centrale poi sulla "vara", il fercolo, in un ondeggiare
del suo busto, ricoperto di gioielli, donati anche da re
e imperatori, tra cui la croce offerta da Vincenzo Bellini,
procede simile a una barca con mare mosso, e tra battimani
e sventolii di fazzoletti bianchi, che compongono come un
volo di gabbiani, si incastona tra i fregi e le decorazioni
del barocco urbano.
Una
scenografia che nessun regista saprebbe ripetere, né, tanto
meno, inventare. Dopodiché il fercolo con il busto
reliquario di Sant'Agata e lo scrigno argenteo, di fine
oreficeria, con le rimanenti reliquie, inizia il giro esterno
(dei "viddani") attraversando Porta Uzeda (sino a qualche
decennio fa si assisteva a un pittoresco lancio di larghe
strisce, la nota "strisciata", che vestivano tutti i platani
di vivaci colori), via Dusmet con i caratteristici archi
che sorreggono la ferrovia e sotto cui, una volta, si increspava
il mare, vicino alla via Biscari dove pare sia nata la nobile
Agata. Un passaggio atteso è quello che va da piazza Carlo
Alberto, dalla fiera, sino a piazza Stesicoro. E qui entriamo
nei luoghi più cari ai catanesi, luoghi del culto, perché
tra queste mura antiche Sant'Agata subì il carcere e il
martirio, e dove, dopo atroci sofferenze, morì. Momento
spettacolare anche questo. Le migliaia di devoti tirano
di corsa il pesante fercolo per tutta la salita dei Cappuccini,
fermandosi a metà per fare omaggio al Sacro Carcere. Quindi
la seconda rampa e sosta a Sant'Agata la Vetere, la prima
Cattedrale di Catania e primo luogo di sepultura della Patrona
(ma c'è chi sostiene che fu sepolta in Piazza Carlo Alberto
all'interno del santuario S.S. Annunziata, meglio conosciuto
come chiesa del Carmine).
La
sera il percorso nella Catania popolare: via Plebiscito,
Fortino, S. Cristoforo. In questi quartieri la festa viene
vissuta in modo diverso. Case (soprattutto molti bassi)
aperte, illuminate, festanti; bar strapieni per tutta la
notte. Musiche, bancarelle con torrone, calia, griglie mobili
per arrostire carne di cavallo arrosto. Balconi illuminati,
edicole illuminate e infiorate con l'effigie della santa,
vetrine di negozi e bar con artistici modelli delle candelore.
Grandi fuochi d'artificio prima del rientro, non senza il
brivido di un sottopasso a risico della marina (sino al
1992 si è fatto di corsa), e ancora attraverso la Porta
Uzeda nella Basilica Cattedrale mentre la notte ammorbidisce
il buio se non alle prime luci dell'alba.
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Spettacolo e devozione )
Neppure
il tempo di qualche ora di sonno perché nella tarda mattinata
(siamo al giorno 5, al clou della festa) si celebra il pontificale
presieduto da un prelato inviato appositamente.
Al
tramonto ha inizio la seconda parte del giro della Patrona
per il centro della città, nella Catania antica. Il fercolo
procede con una lentezza inaudita, specie in questi ultimi
anni, per via Etnea, il "salotto" cittadino. Le undici candelore
parate a festa aprono la processione. Davanti al cordone
almeno settecento devoti inneggianti ("tutti devoti tutti.
Cittadini, viva Sant'Agata") tira la "vara". Suona la campana
del Comune per annunziare l'omaggio del Sindaco alla padrona.
Poi il fiume del corteo interminabile si muove mostrandoci
per ore un quadro vivente. La gente si porterà in piazza
Borgo per i fuochi d'artificio, noti come quelli della "sera
del tre". Di corsa, come le candelore impegnate nella gara
di resistenza, alla salita di S.Giuliano, pronti a sostenere
il cereo della propria professione o maggiormente accattivante.
Le ore passano, la notte avanza. Sant'Agata aspetta con
pazienza all'incrocio tra via Etnea e via di S. Giuliano
che finisca la "contesa", per lo strappo finale quello che
terrà con il fiato sospeso, quello con l'applauso, se tutto
sarà andato bene, liberatorio, sulla salita di S. Giuliano.
Peccato per l'ora tarda, ma vedere la corsa così pericolosa
e così sentita dai devoti è un grande spettacolo. È un pezzo
della festa riservato ai giovani. Ci vogliono forti braccia
e gambe salde per tirare le tonnellate e tonnellate della
"vara". Ma é un segno d'amore e di devozione che non può
mancare. E come una volta, farla in un' unica tirata, significa
trarne dei buoni auspici per l'anno. Sì, perché il vero
Capodanno per i catanesi è il 5 febbraio e tutti i contratti,
un tempo avevano come punto di riferimento e di partenza
questa data.
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Martirio e centro storico )
Catania,
rinata molte volte da devastanti terremoti e eruzioni dell'Etna,
ha tributato alla Patrona chiese e monumenti tra i più belli
e prestigiosi. Oggi si possono ammirare nella salita dei
Cappuccini, all'interno della chiesa di Sant'Agata al Carcere,
i ruderi del III secolo d.C. che contengono la prigione
dove Sant'Agata patì il martirio e vi spirò. Vicino ci sono
le chiese di Sant'Agata alla Fornace (in piazza Stesicoro)
e di Sant'Agata la Vetere (via S. Maddalena), la prima cattedrale
di Catania (appunto la Vetere) e forse luogo della prima
sepoltura. Ancora la Badia di Sant'Agata, la stele in piazza
dei Martiri, la fontana di via Dusmet, il Duomo normanno-barocco.
Mentre
la Basilica Cattedrale conserva le relique in pregevoli
lavori di oreficeria, opere del Di Bartolo come il busto
e lo scrigno (non c'è una statua di Sant'Agata), la chiesa
del Sacro Carcere rappresenta il centro del culto agatino,
la storia vivente del martirio, della vicenda agatina. Nel
tempio, oltre alla buia stanzetta, si può vedere la lastra
lavica in cui sono impresse le orme dei piedi. In questo
tempio, che presto sarà santuario, il catanese ritrova la
sua identità spirituale. I catanesi eressero il carcere
come uno dei baluardi delle vecchie sue mura. Lo attesta
il bastione, ancora oggi ben visibile che fa parte della
parte muraria risalente alla fine dell'XI o all'inizio del
XII secolo. Il carcere era interrato e annesso alle costruzioni
nei pressi del pretorio dell'antica città romana, là dove
c'era la residenza rappresentativa di Quinziano, suo persecutore.
La chiesa custodisce alcune fra le più preziose memorie
réligiose e storiche cittadine, ha una suggestione campestre
nonostante inserita in piena città. Sopra l'altare maggiore
una grande tavola datata 1588 e firmata dal Niger, raffigurante
Sant'Agata al rogo. A fianco del carcere una pietra di lava,
molto venerata, con l'impronta dei piedi. In sagrestia notevole
la targa antica (sec. XV) con immagine della Santa. Lapidi
commemorative, bassorilievi, un epigrafe "Noli offendere
patriam Agathae, quia ultrix iniuriarum est" (Non offendere
la patria di Agata, perché è vendicatrice delle ingiurie),
un quadretto settecentesco rappresentante la Patrona.
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Candelore, una festa di barocco )
"Quasi
tutte le feste siciliane - scrive lo storico mons. Giovanni
Lanzafame - sono barocche". A proposito delle undici candelore
parla specificamente di "barocco in movimento", anche per
la famosa "annacata". Un barocco che si muove in una città
barocca, come ridisegnata dal Vaccarini per la sua ricostruzione
dopo il terremoto del 1693. In Spagna ben 120 "pasos" (fercoli)
narrano per le strade la passione di Cristo e i dolori di
Maria; in Perù il santissimo sacramento viene preceduto
nella sua sontuosa processione dai "tronos" (fercoli) che
narrano plasticamente con capolavori lignei la vita dei
santi testimoni di Cristo e alcuni titoli della Madonna.
Sul solco spagnolo anche le undici candelore catanesi. Un
tempo superavano il numero di trenta: la guerra, lo sconquasso
e la scomparsa di alcuni mestieri comportarono dolorosi
tagli. Dieci cerei grandi e uno più piccolo, candelabri
che illuminavano il percorso della processione. Camminano
in ordine di anzianità, anche se tra i "Rinoti" e gli Ortofluricultori
ci fu lotta aspra per il primo posto. Una mancata intesa
e una diatriba fra le due categorie portarono le candelore
a procedere in coppia per molto tempo, con la piccolina
a fare da apripista.
Anche
oggi apre il cero voluto da mons. Ventimiglia, segue quello
dei "Rinoti" dono degli abitanti di San Giuseppe La Rena,
con i bellissimi quattro grifoni alla base. Segue il cereo
degli Ortofloricultori (giardinieri e fiorai) in stile gotico,
con le statue dei martiri e vescovi catanesi. In cima c'è
ora la boccia, ma per molto tempo campeggiò un mazzo di
fiori. Un grande e totale restauro nel 1970-71 ad opera
dell'allora tesoriere cav. Salvatore Urzì. E di seguito
la candelora dei Pescivendoli, in stile rococò, ricca di
stendardi ed ex voto e con la statua di S. Francesco di
Paola, protettore della gente di mare; quella dei Fruttivendoli
pregiata e scintillante con al centro un bel busto di Sant'Agata;
dei Macellai che fa mostra del tradizionale mazzetto di
fiori freschi; dei Pastai che è un puro candeliere settecentesco
con il cerone in vera cera; dei Pizzicagnoli (alimentaristi)
in stile liberty con le caratteristiche cariatidi alla base;
dei Panettieri, la più pesante (la portano in dodici anziché
in otto, in dieci però quella dei Vinaioli) con gli angeli
ad altezza naturale; dei Vinaioli (bettolieri), appunto,
il secondo cereo per pesantezza, ha alla base quattro artistici
leoni e grifoni che sostengono tutto l'impianto. Chiude
la candelora voluta dal beato Dusmet per il Circolo cittadino
Sant'Agata: nel restauro del 1988 è stata arricchita da
un artistico mazzu di fiori. La festa più attesa per le
candelore, dopo che per giorni hanno girato la città in
lungo e in largo, è quella del giorno 3 alla Pescheria e
in piazza Duomo, quando fanno l'omaggio al sindaco.
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Un culto internazionale )
Il
culto di Sant'Agata non è soltanto catanese. Tutt'altro.
La venerazione per la martire è sparsa in tuttu il mondo.
La Patrona catanese protegge 44 comuni italiani, dei quali
14 portano il nome della Santa. Nella vicina Malta è compatrona
con S. Paolo, così come nella Repubblica di San Marino.
In Spagna è venerata a Villarba del Alcor in Andalusia,
a Jèria (provincia,di Valencia). A Barcellona è intestata
a Sant'Agata la cappella di Palazzo Reale dove i Re cattolici
ricevettero Cristoforo Colombo al suo primo viaggio dalla
scoperta dell'America. A Zamarramala (Segovia) esiste una
tradizione curiosa: il 5 febbraio comandano le donne che
si eleggono addirittura una sindachessa. Gli uomini accudiscono
la cucina. In Portogallo è Patrona di Agueda (appunto Agata)
nella provincia di Coimbra. Anche in Germania il culto è
esteso: è Patrona di Aschaffemburg. In Francia, a Le Fournet,
in Normandia. A Costantinopoli si festeggiava a maggio in
una grande chiesa, come pure nel Ponto. E' molto popolare
in Grecia, specie nella regione etolica; gli etoli lasciano
la città in processione per percorrere dieci chilometri
e raggiungere il luogo del culto e lì vegliano tutta la
notte per partecipare poi la mattina alle celebrazioni religiose
in suo onore. Pure nella lontana India c'è Sant'Agata, a
Viayawala. In Argentina è la patrona dei vigili del fuoco
e viene solennemente festeggiata a La Boca di Buenos Aires.
In
Italia la devozione è tanta: un oratorio nell'Abazia di
Montecatini, a Cremona nella stupenda Collegiata dove esiste
la tavoletta originale recante l'elogio che secondo la tradizione
un Angelo collocò nel sepolcro. Una copia è visibile sulla
mano sinistra di Sant'Agata. La Lombardia è la regione più
ricca del culto agatino. Nel Duomo c'è un altare con un
magnifico quadro su Sant'Agata.Due statuette anche nelle
guglie. Firenze (esiste una tavola del XIII secolo) invocava
Sant'Agata contro gli incendi; Roma le ha dedicato due belle
chiese: Sant'Agata dei Goti e Sant'Agata alla Suburra (Trastevere);
a Napoli un'effige nella catacomba di S. Gennaro in un affresco
del IV secolo.
(
L'arte e Sant'Agata )
Di
Sant'Agata si hanno opere in tutte le parti del mondo: nella
chiesa di S. Sofia a Kiev, nell'Ucraina, all'Apollinare
Nuovo a Ravenna; nel portale di S. Stefano a Vienna; nel
tempio di S. Giorgio a Dinkeluehl; statue si ammirano a
Malta, a Villalba del Alcor in Spagna; una tavola processionale
nel museo del Duomo nella galleria degli Uffizi (Filippo
Lippi) e nella galleria Pitti (Sebastiano del Piombo) di
Firenze; lavori del Borgognone a Bergamo.
A
Catania, in case private e in tutte le chiese dedicate alla
Patrona (Sant'Agata al Carcere, Borgo, la Vetere), esistono
dei busti agatini di buona fattura. Nella chiesa di Sant'Agata
alle Sciare un dipinto su pietra ardesia non toccato dalle
lave del 1669.
Catania,
con la sua provincia, è naturalmente piena di tele e documenti
di Sant'Agata. Il più famoso a Nicolosi, a ricordo del beato
cardinale Dusmet che fermò la lava con il velo della Santa,
salvando la cittadina, alla fine del secolo scorso, dalla
distruzione.
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