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LA SICILIA DI CAMILLERI
La Sicilia di Camilleri

Porto Empedocle, Agrigento e dintorni: un viaggio reale nei luoghi fantastici in cui vive Salvo Montalbano, il commissario più amato dagli italiani, protagonista letterario e televisivo.

camilleriNato nella Londra nebbiosa di Conan Doyle, cresciuto nella Francia livida e marcia di Simenon, incarognito nelle giungle urbane di Dashiell Hammett e Raymond Chandler, il romanzo giallo trova oggi le sue trame e i suoi delitti sulle sponde del Mediterraneo. Un Mediterraneo che ormai è un mondo nel mondo, ammalato di ipertrofia geografica, affratellato dagli odi etnici. Che, come scriveva Fernand Braudel, è sempre più “la misura di tutte le cose”.

L’Algeri di Yasmina Khadra, la Barcellona di Manuel Vázquez Montalbán, la Marsiglia magrebina di Jean-Claude Izzo, l’Atene balcanizzata di Petros Markaris: il “giallo” scende in Grand Tour dal gelido Nord verso un Sud sempre meno levantino e solare, che ha smarrito le sicurezze della storia e dell’identità etnica e religiosa, cementificato in città violente e tentacolari, globalizzato anche dalla letteratura. Assetato di calore e di polvere, il giallo ha spezzato le catene del divertissement logico e i vincoli dell’intreccio deduttivo, si è fatto aspro e disordinato, malvagio e spregiudicato in un mare brulicante di criminali senza speranze né motivazioni e di detective malinconici, di investigatori gourmet, di piedipiatti appassionati di jazz, blues e buone letture. E dove, se non nella Sicilia sudoccidentale e greco-araba, il romanzo giallo poteva racchiudere in un cerchio così perfetto antiche ascendenze – la tragedia greca – e nuove tendenze – l’ansia estrema di mediterraneità? Dove, se non in questa fetta di Sicilia tagliata tra Gela e Sciacca, potevano trovar casa Andrea Camilleri e Salvo Montalbano? Lo scrittore e il commissario di polizia più amati dagli italiani il cui ultimo loro libro, L’odore della notte, sta tuttora terremotando le classifiche.

Come ogni meridionale dannato e beato all’esilio volontario, prima che come scrittore da decenni trasferito a Roma, Camilleri distilla una Sicilia depurata da eccessi di contemporaneità, filtrata attraverso memorie e sensazioni di gioventù, frequentata e vissuta per interposta persona (nella fattispecie il commissario Salvo Montalbano). Una Sicilia di persone e gente, più che di fatti e posti. Montalbano indaga in pianerottoli di condomini anonimi, tra effluvi di pasta e broccoli e sarde a beccafico; interroga pensionati in vestaglia e ragionieri in pantofole che di cognome magari fanno Lapecora; non s’illanguidisce curvo su doppi whisky in bar desolati come in un quadro di Hopper, ma si esalta in trattoria, davanti a un piatto di triglie fritte; persino i delitti su cui deve far luce, per quanto efferati, s’ingentiliscono in “ammazzatine”. Un po’ come nei libri del commissario francese Sanantonio, Camilleri insaporisce un genere letterario codificato dalle mode con una lingua tutta sua, l’inedito patois italo-siculo che trova nell’ineffabile Catarella il suo sgangheratissimo Ariosto.

Gli autori del Nuovo Giallo Mediterraneo hanno promosso la città a protagonista, al pari dei suoi delinquenti e dei suoi desolati giustizieri. Ne hanno descritto con minuzia strade e quartieri, umori e atmosfere. I lettori di Izzo o Montalbán possono sovrapporre le pagine dei loro libri alle piante delle loro città, e trovarvi perfetta corrispondenza. Con Camilleri il gioco è impossibile: invano vi affannereste coll’indice sulle cartine a cercare Vigàta, provincia di Montelusa, tra Fela e Fiacca. Nei suoi romanzi i luoghi trasfigurano in geografie fantastiche, i toponimi si aggrovigliano in cartografie immaginarie. Eppure Vigàta è più vera del vero. Esiste.
Decreto di re Ferdinando II di Borbone: “A contare dal 1° gennaio 1853 la Borgata del Molo di Girgenti sarà separata dall’Amministrazione Comunale di quella città e formerà un Comune distinto con Amministrazione propria e indipendente”. È l’estratto dell’atto di nascita di Porto Empedocle, provincia di Girgenti (l’Akràgas greca, l’odierna Agrigento). Ce lo rammenta Camilleri stesso in Biografia del figlio cambiato, romanzo “in quadri” della vita di Luigi Pirandello, altro celebre empedoclino in un fazzoletto di terra fertilizzato dalla letteratura, considerando che la Racalmuto di Sciascia è a pochi chilometri verso nord. Porto Empedocle – allora una manciata di case arroccate tra il mare di zolfo e la collina di Girgenti – aveva trovato nome, per regio decreto; glielo toglieranno i suoi figli più illustri, che la ricorderanno con un altro non suo. Pirandello la ribattezza Nisia, o Vignetta, o la Marina. Diventerà Vigàta, la città del commissario Montalbano.

A Porto Empedocle/Vigàta
Porto Empedocle, oggi. Un paesone grasso e arrotolato tra costa e colline, che corre ad abbracciare Agrigento in una fuga interrotta dai templi che tremolano e svaporano nella calura, tra costoni di marna bianchissima calcinata dal sole e sfarinata dal vento, lungo il mare azzurro stritolato dai moli del porto che lo fanno sfuriare su spiaggette rosicchiate dalle onde. Scomparsi i carri carichi di zolfo a fare spola tra la stazione ferroviaria e i mercantili all’ancora, i depositi di minerale sulla spiaggia, gli scaricatori gialli di polvere, come li descrisse, forse per l’ultima volta, Pirandello. Oggi sulle banchine bivaccano i turisti in partenza per Linosa e Lampedusa, magari con l’ultimo Montalbano chiuso nello zaino, sullo sfondo da archeologia industriale della Montedison in abbandono. E nella centralissima via Roma consumata dallo struscio serale, dove si passeggia guardati a vista da gente che sui marciapiedi s’impigrisce a cavallo di una sedia esercitando l’antica arte della “taliata” – sguardo straboccante di parole che brilla solo in occhi siciliani – , è difficile ritrovare anche la Vigàta del commissario, drammaticamente urbana, vibrante di intrighi metropolitani, profumata di seducenti “fimmine svidisi”.

C’è qualche indizio culinario, come il ristorante San Calogero, dove Montalbano affoga le amarezze della vita e della professione nel sughetto di tenerissimi “purpitieddri”; qualche segnale glottologico, come un passo carrabile che perentoriamente invita a “lasciare libero lo scarrozzo”, rammentandoci che siamo nella città di Catarella; e qualche testimonianza sussurrata a mezza voce, come il ricordo della strage di dieci anni fa (superstite anche Camilleri, ignaro avventore del caffè Albanese), apogeo della guerra sotterranea tra vecchia mafia e nuova, feroce “stidda” agrigentina. Eccola, la Sicilia di Montalbano: non quella a misura d’audience degli sceneggiati televisivi, tutta monumenti barocchi e cartoline scelte qua e là, ma quella educata e selvaggia, civile e barbara, bellissima e sfregiata da unghiate di cemento armato. La Sicilia del Caos.
“Io sono figlio del Caos”, scrisse Pirandello, alludendo – ma non solo – alla contrada Càvusu, dove si trova la sua casa natale, che un impiegato dell’anagrafe traslitterò in Caos, con precisione etimologica chissà quanto consapevole, dal momento che Càvusu era “la corruzione dialettale del genuino e antico vocabolo greco Xos”.

Verso Agrigento/Montelusa
Appena fuori Vigàta, sulla provinciale per Fela (torniamo alla nostra toponimia parallela), Villa Caos si acquatta in un lembo di campagna arsa e segaligna. Una cancellata ne sbarra l’ingresso circondato da un enorme parcheggio deserto, l’interno non è visitabile. Sul retro, il pino sotto il quale sono interrate le ceneri dello scrittore (tornate in Sicilia nel vaso greco ora esposto al Museo Archeologico d’Agrigento) sembra il monumento di uno scultore contemporaneo, scheletrico, astratto, ucciso da un fulmine maligno. Spingendosi sull’orlo del dirupo, vengono i brividi: la costa fugge verso San Leone, litorale prediletto degli agrigentini, per poi risollevarsi in altopiani coperti di campagna, giù giù fino a Gela; in basso la spiaggia del Caos, smunta riga di sabbia lungo la falesia candida e strapiombante, disegna un burrone sul mare di cobalto, come a Ponza o a Salina; dall’altro lato, in posa da sfinge sulla sua acropoli, fumosa dietro le quinte di grattacieli e tangenziali del furore edilizio, sta Agrigento (Montelusa, la chiamò proprio Pirandello). E alla prima sera, quando la via Atenea che traversa la vecchia Girgenti si offre al passeggio, si illuminano i templi a valle, appesi al buio come diamanti nella notte. Monumenti che “un popolo divino elevò ai suoi dei umani”, disse Maupassant.
All'estremità opposta di porto Empedocle, lasicandosi alle spalle il biancore accecante della scala dei Turchi e il lido di Marinella, che Camilleri sgombra a colpi di penna per far posto alla solitariacasa d Montalbano, la provinciale si allunga sul mare africano, in direzione di Sciacca. i cartelli stradali indicano paesi (Ribera, Realmonte, Raffadali). mentre suggeriscono reminiscenze camilleriane (Bibera, Montereale, Raccadali). Ogni tanto il teritorio esplode d'improvvise bellezze: l'araba Siculiana , immensa ceramica dipinta senza colori sul profilo della montagna; le rovine di Eraclea Minoa, colonia greca che domina il paesaggio grandioso e semplice di capo Bianco; il tratto di mare di Torre Salsa, di fronte a pinete e boscaglie d'intricatissima macchia mediteranea; Caltabellotta, ingrifagnata come un'aquila su mille metri di roccia; Sciacca con le sue chiese di tufo giallo e i palazzi nobiliari che sopravvivono dietro facciate a bugne appuntite e balconcini sivigliani. Intanto, a Marinella, il commissario Salvo Montalbano sudatizzio e nirbuso si sta risollevando il morale con la caponatina dell'impareggiabile Adelina, non una mezza porzione, o una caponata light , ma una parmigiana di melenzane rinfozata di caciocavallo ragusano. Giornata dura anche per un cinquantino tosto come il commissario: prima un tte à tte col questore Luca Bonetti-Alderighi dei Marchesi di Villabella, adesso l'afa, il mezzo chilo di caponatina e le bizze di Livia, annunciate da squilli interurbani di certa provenienza: Boccadasse. Tanto per cambiare, un'altra notte insonne.

Informazioni

ARRIVARE
In aereo. A Palermo e Catania con British Airways (tel. 848-812266) da Roma; con Alitalia (tel. 06. 65641 o 848-865641) e Meridiana (tel. 199-111333) dalle principali città. Ad Agrigento e Porto Empedocle dall’aeroporto Falcone e Borsellino di Palermo con bus Licata (tel. 0922.401360); da quello di Fontanarossa a Catania con bus SAIS (tel. 095.536201)
In treno. Ad Agrigento con la Freccia del Sud ogni giorno da Milano (h 13,50) via Firenze-Roma (arrivo ore 12,10).
In auto. Da Messina: autostrada A18 fino a Catania (76 km), poi A19 fino a Caltanissetta (104 km); da qui la superstrada 640 porta ad Agrigento.

DORMIRE
Baglio della Luna ****, Contrada Maddalusa, Agrigento, tel. 0922.
511061, fax 0922.598802 (e-mail: bagliodellaluna@tin.it). Antica foresteria trasformata in hotel di charme. Da 420.000 lire per la doppia.
Villa Athena****, Panoramica Templi, Agrigento, tel. 0922.596288, fax 0922.402180 (e-mail: villathena@tin.it). Villa ottocentesca, con piscina, affacciata sui templi: tra i primi dieci alberghi al mondo per il panorama; citata in La voce del violino. Camera doppia 400.000 lire; la 205 (vista mozzafiato, da prenotare con mesi d’anticipo) 500.000.
Hotel Kaos****, Villaggio Pirandello, Agrigento, tel. 0922.598622, fax 0922.598770 (e-mail: rescenter@tin.it). Bella masseria. Da 250.000 lire la doppia.
Azienda Agrituristica Torre Salsa, Montallegro, telefono e fax 0922. 847074 (e-mail: info@torresalsa. it). Tre appartamenti in un paradiso di macchia mediterranea, accanto all’oasi Wwf; 50.000 lire a persona per notte. Sosta camper.

MANGIARE
San Calogero, via Roma 32, Porto Empedocle, tel. 0922.637255. Il ristorante del commissario Montalbano e di Camilleri: spaghetti al nero di seppia, caserecce alla marinara, purpitieddri e “triglie freschissime da arricriàre lo stommaco”. Prezzo 50-60.000 lire.
Leon d’Oro, viale Emporium 102, Agrigento, tel. 0922.414400. Cucina che sposa sapori di mare e di terra: caserecce pesce spada, pomodoro e pistacchi, bavette ai filetti di triglia e macco di fave. Prezzo 70-80.000 lire incluso il vino.
Hostaria del Vicolo, vicolo Sammaritano 10, Sciacca (Ag), tel. 0925. 23071. Il pesce ”battuto“ all’asta sul porto lo ritrovate qui, cucinato con maestria e passione. Spaghetti frutti di mare e finocchietto, ravioli di pesce spada, merluzzo ai fichi secchi. Prezzo circa 75.000 lire.

LEGGERE
Le Vie del Mondo Sicilia (ovvero: l’isola vista dagli altri, antologia con brani di Vittorini, Bufalino, Consolo, Bacchelli, eccetera), TCI 1999.
Il mondo del commissario Montalbano, di Armando Vitale, Terzo Millennio Editore 2001.
La testa ci fa dire. Dialogo con Andrea Camilleri, di Marcello Sorgi, Sellerio 2000.
Novelle per un anno, di Luigi Pirandello, Mondadori 1986-1990.
Pirandello e i luoghi del Caos, di Angelo Pitrone, Sciascia 1998.
Inviti a cena, di Arnaldo Rosas, Nuova Graphicadue 1999.

CARTE E GUIDE
Guida Rossa Sicilia, 1004 pagine 90.000 lire, 63.000 per i soci.
Guida Verde Sicilia, 232 pagine 35.000 lire, 28.000 per i soci.
Carta regionale Sicilia 1: 200 000, 12.000 lire, 9.600 per i soci.

ALTRE NOTIZIE
Azienda Autonoma per il Turismo, viale della Vittoria 255, Agrigento, tel. 0922.401352.
Biblioteca L. Pirandello, via Imera 50, Agrigento, tel. 0922.21837.
Museo regionale archeologico, Contrada San Nicola 12, Agrigento, tel. 0922.20014.
Riserva naturale orientata Torre Salsa, via Roma 156/D, Siculiana (Ag), tel. 0922.818220, fax 0922.817995, e-mail: wwftorresalsa@tin.it

PER APPROFONDIRE
Fra i numerosi siti internet dedicati allo scrittore segnaliamo:
www.andreacamilleri.net (website ufficiale);
www.angelfire.com/pa/camilleri/index.html (curiosità, links e bibliografia);
www.geocities.com/Athens/Agora/1803/ (ricco di notizie e informazioni).

testo di Ernesto Fagiani, foto di Giambattista Scivoletto

Ringraziamo la Redazione di Qui-Touring per
l'autorizzazione alla pubblicazione dell'articolo
www.touringclub.it

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