INTERVISTA
CON
PIERO SELVAGGIO
(
in english )
E'
ritenuto il miglior ambasciatore della cucina italiana all'estero.
Negli Stati Uniti, dove contano soprattutto i numeri, a
detta dei suoi stessi colleghi è il miglior ristoratore
in assoluto. Non tutti sanno, però, che dietro quel nome
italiano c'è uno dei tanti siciliani che ha fatto fortuna
partendo dal nulla.
Piero Selvaggio ( www.pieroselvaggio.com
) è il proprietario del famoso Valentino,
il ristorante dei vip a Santa Monica, Los Angeles, e nonostante
la notorietà continua a tenere particolarmente alle sue
origini. E' nato, infatti, a Modica dove risiedono l'anziana
madre e una zia oltre ad una miriade di amici che, quasi
ogni anno, torna a trovare.
Insieme
al Valentino, Selvaggio gestisce a Los Angeles
altri due locali, Primi e Posto.
"Un anno fa ho aperto altri due ristoranti a Las Vegas all'interno
dell'Hotel Venetian. Lì, ne inaugurerò altrettanti l'anno
prossimo, mentre mi sto facendo convincere ad aprire un
wine bar a Tribeca, zona esclusiva di Manhattan, New York".
Lo
abbiamo raggiunto nel suo ufficio, al 3115 di Pico Boulevard,
Santa Monica, California. Autodidatta, Piero Selvaggio aveva
18 anni quando lasciò Modica per New York. La sua è la classica
storia del "self made man": prima di costruire un impero
che fattura milioni di dollari, Selvaggio ha fatto più mestieri,
dal lavapiatti all'autista di personaggi importanti, gli
stessi - molti sono i divi della vicina Hollywood - che
ora ospita nei suoi centri di alta gastronomia.
Signor
Selvaggio, presumo che il segreto del successo stia proprio
sull'offerta di cucina italiana. Ai suoi clienti propone
anche piatti siciliani?
Amiamo
( parla al plurale, ricordando spesso chef e collaboratori
vari, ndr) chiamare la nostra cucina "Italian contemprary".
Noi serviamo tantissimi piatti "nostri", creati nell'evoluzione
dei ricordi, dell'adattamento e dell'esperienza. Il Valentino
compie nel 2000, infatti, 28 anni dalla fondazione. Qui,
piatti come il timballo alla norma e gli involtini di pesce
spada sono molto apprezzati. Ma bisogna adattarli. Mi spiego:
gli involtini di spada li serviamo su un letto di cipolle
si, ma hawayane. Il timballo alla norma noi lo facciamo
con melanzane giapponesi, più dolci e meno salate delle
nostre in Sicilia.
Cosa
importa dall'Italia e dalla Sicilia in particolare?
Tantissime
cose. Dai capperi di salina alla bottarga di Muggine, dalle
mozzarelle di bufala di Battipaglia ai pomodorini di Pachino,
alla cioccolata di Modica, ai tartufi, alla gamma di prosciutti
e formaggi vari.
Ma
Lei, da giovane, cosa apprezzava della cucina a Modica?
Beh,
i miei piatti preferiti erano arancine e "scacce", le focacce
ragusane. E poi, naturalmente, i gelati della "Latteria",
un antico bar del centro di Modica.
Negli
ultimi tempi, i vini siciliani stanno riscoprendo il momento
di grandezza. Cosa ne pensa, Lei, che vive in California,
terra che per il clima ricorda la Sicilia e che produce
ottimi vini?
Quest'anno
siamo stati scelti dalla rivista Wine Spectator come la
miglior cantina d'America, quindi fra le più grandi del
mondo con circa 230 mila bottiglie. Perciò non dimentichiamo
vini siciliani come quelli di Francesca Planeta, il Regaleali
del conte Tasca, il Cerasuolo di Vittoria della Cos, i Passiti
di Pantelleria di Salvatore Murana, il Duca Enrico della
Corvo, il Faro Palari di Salvatore Geraci, il Ceuso di Antonio
Melia e gli altri che meritano un posto in prima fila nell'enologia
siciliana.
Signor
Selvaggio, nei suoi locali d'alta classe la qualità si paga.
E' una costante, per chi vuole mangiare veramente bene?
Si,
la qualità costa a tutti i livelli. E' importante capire
se si va in trattoria, in un bar - tavola calda o in un
ristorante, e anche qui bisogna intenderne il livello. Noi,
come l'Enoteca Pinchiorri a Firenze o Aimo e Nadia a Milano,
abbiamo tutta una serie di costi che bisogna giocoforza
ammortizzare, per spiegare le ragioni commerciali ed operative
degli investimenti. Fare arrivare tre volte la settimana
il pesce fresco del mediterraneo alla costa del Pacifico
o i tartufi di stagione o le altre chicche dei vari artigiani
della gastronomia italiana, è operazione che richiede costi
alti e un'organizzazione come si deve. Per avere l'olio
d'oliva o la carne giusta, non dobbiamo badare a spese.
La gente viene nei miei locali per questo motivo, per l'efficiente
organizzazione, per la sagacia degli chef e per il tempismo
dei camerieri. Ogni cosa deve trovarsi al posto giusto nel
momento giusto.
Facile
a dirsi, ma lei ne ha fatto il suo punto di forza?
Se
c'è un segreto è nell'amare quello che si fa, farlo bene
è la nostra missione. Creare delle mode e non seguirle.
Cosa
c'è che non va, allora, nella nostra cucina, nei ristoranti
italiani?
Anche
i migliori ristoranti italiani hanno i tempi sbagliati.
Da voi si fa poesia, da noi business. Sono i numeri che
non vanno, in Italia. Ma è un problema di mentalità e di
questione pratica. Perché da noi si fanno numeri o si muore.
IL 92% dei nuovi ristoranti di Los Angeles chiude nel giro
di un anno. Per questo puntiamo sempre agli alti volumi,
da 400 - 600 coperti al giorno fra pranzi e cene. Da voi,
la maggior parte delle imprese di ristorazione sono a carattere
familiare. Ovvio così che la qualità non sarà mai al nostro
livello.
Antonio
Casa
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GRANITE - passione siciliana
INTERVISTA
CON PIERO SELVAGGIO, modicano, ambasciatore della
cucina italiana nel mondo.
Antica
Bettola dell'800
in
una grotta, nei pressi del Castello di Modica, Giuseppe
Lucifora ha ricavato un Museo di storia modicana dove si
possono gustare i succulenti piatti della vecchia tradizione
siciliana.
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